Rispettare se stessi è il primo passo per permetterci di vivere in pace con la nostra persona e soprattutto con gli altri.
Come NON rispettavo me stesso
Nella mia vecchia vita, quindi quella prima del mio cambiamento non mi rispettavo molto, anzi per niente.
La mancanza di rispetto verso me stesso consisteva nel costringermi a fare tutta una serie di attività che reputavo giuste, ma che non volevo fare.
Le facevo semplicemente perché sapevo che era ciò che era giusto fare… ma giusto per cosa?
Fare cose giuste per essere una persona migliore
Giuste per inseguire un modello che mi avevano insegnato e che mi avrebbe portato ad essere una persona migliore.
Non seguivo quindi i miei desideri, quello che veramente volevo fare, ma facevo, anzi, mi costringevo a fare tutto ciò che era giusto fare per essere una persona migliore.
Una persona migliore in che senso?
Migliore secondo i canoni standard, quindi una persona che studiava, che lavorava, che si comportava bene, che era educata, che evitava il conflitto, che si impegnava, ecc….
Una persona quindi che poteva stare serenamente in società o, per dirla meglio, che poteva essere accettata tranquillamente dalla società.
Il modello da seguire
Questo modello arrivava dalla famiglia, dalla scuola e dalla società stessa.
Un modello che veniva imposto e non un modello che veniva semplicemente consigliato e al quale ispirarsi lasciando poi spazio e libertà ad ognuno di esprimere la propria individualità.
Bisognava cercare il più possibile di conformarsi a questi standard.
Io ho imparato talmente bene la lezione che mi costringevo a fare tante cose reputate giuste, anzi per essere più precisi, facevo SOLO cose reputate giuste.
FARE invece di ESSERE per farmi accettare
Ed ecco la seconda parola importante dopo “costringersi”: FARE, poiché per me essere rispettato, essere accettato ed essere amato significava automaticamente fare qualcosa.
Non potevo essere rispettato e amato solo per la mia essenza, per quello che ero, ma dovevo necessariamente fare qualcosa, dovevo meritarmi l’amore e il rispetto.
Queste cose che facevo, inoltre, le dovevo fare sempre meglio, spingendomi sempre più avanti “ammalandomi” quindi anche di efficientismo e produttività.
Il FARE e il COSTRINGERMI andavano di pari passo, quindi dovevo fare per essere accettato e amato e mi costringevo a farlo.
Queste erano due facce della stessa medaglia che portavano ad avere un pessimo rispetto nei confronti di me stesso.
Il padrone e lo schiavo dentro di me
Avevo talmente sviluppato questa cosa che io sentivo dentro di me dua anime, che chiamavo ironicamente (ma non troppo) il padrone e lo schiavo.
Sentivo chiaramente dentro di me, quindi, una parte razionale (il padrone) che costringeva la parte emotiva (lo schiavo) a fare determinate cose.
La parte emotiva rincorreva quella razionale per cercare di accontentarla in tutto e per tutto e collaborare quindi con lei per incarnare sempre meglio il modello della persona migliore.
Ero fermamente convinto di questa modalità, non credevo ce ne fossero altre, in quanto pensavo che l’autodisciplina era l’unica modalità che per affrontare i problemi della vita: la mente decideva e il cuore eseguiva.
Gli altri mi trattavano come trattavo me stesso
Questo sconvolgimento che c’era all’interno di me stesso naturalmente traspariva anche all’esterno, quindi questo combattimento tra l’obbligo di dover fare una cosa e il non volerla fare traspariva anche nel rapporto con gli altri.
Gli altri si accorgevano della mia disponibilità a fare per essere accettato e se ne approfittavano.
Non sto dicendo che lo facevano con malizia, ma era un processo totalmente spontaneo e naturale.
I rapporti partivano bene come dei rapporti sani e normali, poi io dopo un po’, pur di farmi accettare e di farmi amare dagli altri, facevo più del dovuto.
Alzare sempre di più l’asticella
Mi affaticavo per cercare sempre di più la loro approvazione, per cercare i loro complimenti, per cercare il loro amore, la loro accettazione.
Questo ha fatto sì che i rapporti diventassero tossici, quindi rapporti che all’inizio partivano bene diventavano poi dei rapporti di dipendenza.
Più le persone si approfittavano di questa mia caratteristica e più io cercavo di accontentarli.
Dalla rabbia nei confronti degli altri alla rabbia verso me stesso
Ad un certo punto questo gioco si rompeva, perché l’asticella veniva spostata talmente in alto che per me era difficile accontentarli.
Provavo un senso di rabbia nei loro confronti, perché non mi guardavano, non mi osservavano, ma continuavano a chiedermi e a imporre delle cose.
Questa rabbia nei confronti degli altri, poi ho capito che era anche una rabbia nei confronti di me stesso.
Tornando quindi alla metafora del padrone e dello schiavo, era lo schiavo che odiava il padrone, quindi la mia parte emotiva che odiava la mia parte razionale.
Ma la mia parte razionale era talmente forte che riusciva a reprimere quella emotiva, a sconfiggerla, a soffocarla.
I malesseri fisici
Come ho detto tante volte, questa sofferenza della parte emotiva, poi veniva fuori a livello corporale, cioè attraverso tutta una serie di problematiche psicosomatiche, perché la parte emotiva trovava il suo sfogo nel corpo.
Infatti, mentre la mente è la parte razionale, il corpo è quella emotiva, instintiva, e di conseguenza una sofferenza emotiva si traduce quasi sempre in una sofferenza fisica.
Correre
Quindi mi costringevo a fare tante cose e questo significava lavorare tanto, correre, avere una vita frenetica, quindi cercare il più possibile di infarcire la giornata di tante cose, perché più facevo e più ero una persona migliore, quindi più mi stimavo e più avevo stima da parte degli altri.
Fermarmi
Ad un certo punto questo gioco si è rotto, e non potevo più andare avanti, quindi ho capito che dovevo fermarmi, ma è stato appunto una comprensione razionale, in quanto la mia parte razionale ha capito che c’era una sofferenza della parte emotiva a livello corporale e la prima fase per iniziare a rispettare me stesso è stata quella di fermarmi.
Processo di cambiamento per iniziare a rispettare se stessi
Ora parleremo di come è avvenuto questo cambiamento.
Osservare, ascoltare e conoscere la parte emotiva
All’inizio quindi mi sono fermato semplicemente per osservare e ascoltare la mia parte emotiva, la quale fino ad allora non aveva voce in capitolo, perché comandava solamente la mente, la parte razionale.
Ho iniziato quindi a osservarla e a conoscerla, perché non sapevo neanche chi fosse e quindi sono stato fermo e l’ho lasciata fluire cercando di capire quali erano i suoi desideri, le sue aspettative: ho cercato di capire che persona era la mia parte emotiva.
Accettazione, perdono e compassione
Dopo questo, la fase successiva è stata quella del perdono e dell’accettazione, cioè entrambe le parti si sono perdonate a vicenda.
La parte emotiva ha perdonato la razionale per essere stata trattata così male e invece quella razionale ha perdonato l’emotiva nel senso che ha iniziato a trattarla con compassione.
Non le imponeva più niente, ma la rispettava, la accettava, quindi non c’era più bisogno di imporre nulla.
Capire che sono una persona unica
A questo punto la fase successiva è stata una cosa magica, nel senso che le due parti hanno iniziato a volersi bene e ad essere amiche.
Ho capito quindi di essere tornato ad incarnare una persona unica, magari diversa rispetto a prima, ma unica e integra.
Diversa semplicemente perché anche all’esterno trasparivano entrambe le mie anime e non solo quella razionale.
La parte emotiva ora poteva coesistere, aveva la dignità per mostrarsi, senza vergogna.
Il rapporto con gli altri
Le persone che mi circondavano quindi si sono accorte di questo cambiamento.
Quelle più sensibili si erano già accorte che c’era una parte emotiva sopita dietro quella razionale.
Le persone invece con meno sensibilità, si sono accorte semplicemente del cambiamento, quindi hanno visto una persona nuova, con delle sfaccettature nuove e ne sono rimasti anche un po’ spaventati, perché hanno visto che non era più la stessa persone.
Amore per me stesso
Invece io mi sentivo molto più integro, perché avevo ritrovato un equilibrio tra queste due parti e a quel punto c’è stato Amore.
Amore tra le due parti, Amore per me stesso, Amore che ha portato autostima, considerazione.
Dopo questo quindi ho iniziato a godere dei vantaggi del rispettare se stessi.
Vantaggi del rispetto per se stessi
I vantaggi di rispettare se stessi sono innumerevoli e li sto scoprendo ancora oggi giorno per giorno.
Accettazione di se stessi
Il rispetto per se stessi porta innanzitutto una sorta di serenità e di accettazione di se stessi senza voler cambiare a tutti i costi.
Infatti, prima trovavo sempre dei difetti nella mia persona, ma anche nelle situazioni che vivevo nella mia vita, invece adesso riesco ad accettare tutto con molta più calma.
Non ho più grandi aspettative, non ho più grandi ambizioni, ma riesco ad accettare tutto quello che mi circonda.
Non seguo un modello da raggiungere, quindi non soffro se non lo raggiungo, ma mi sono reso conto che l’unico modello valido è il mio, quello che sto già vivendo, senza doverlo per forza cambiare.
Serenità, pace e meno ansia
Questo porta ad una grande serenità, ma soprattutto a meno ansia, perché l’ansia è sviluppata dalla paura che qualcosa possa non andare come avevamo sperato.
Se tutto, infatti, già va bene così com’è, quindi se rispettiamo noi stessi e ci amiamo, la situazione va bene così come senza nessun bisogno di cambiarla.
Senza niente da cambiare e da migliorare, non c’è bisogno di avere ansia, perché non essendoci aspettative nulla può andare male, tutto è esattamente come deve essere.
Autostima
Il rispetto per se stessi quindi fa crescere anche l’autostima, il fatto di sentirsi bene, appagati, di riconoscersi, di sapere che siamo delle persone VALIDE, delle persone che possono stare al mondo.
Questo porta anche ad un confronto minore con gli altri,quindi non ci si confronta più, non si compete più, non ci si giudica, perché automaticamente se c’è autostima, se credo in me stesso non ho bisogno più di giudicarmi, ma mi accetto per quello che sono.
Anche nei confronti degli altri, non seguo più dei modelli, ma semplicemente vivo la mia vita e lascio vivere agli altri la loro.
Sembra un concetto scontato, ma quando non ci si accetta e non si accettano le situazioni che accadono, si finisce per non accettare gli altri.
Si cerca di cambiarli, di imporre il nostro volere, di creare degli amici come noi vorremmo che fossero, mentre quando invece ci si lascia liberi, si lasciano liberi anche gli altri.
Il rispetto interpersonale
Questo è un processo bellissimo, perché poi tra l’altro gli altri si rendono conto di questo cambiamento e iniziano anche a trattarti con rispetto.
Iniziano a trattarti con rispetto perché percepiscono questa cosa, questo tuo cambio all’interno di te, questo maggiore rispetto all’interno di te stesso
Soprattutto il rispettare se stessi porta all’assertività.
Essere assertivi per continuare il processo di conoscenza
L’assertività significa poter comunicare apertamente quello che si pensa ed è una parte molto importante del rispetto di se stessi.
Io prima non cercavo mai il conflitto, quindi non comunicavano mai apertamente quello che pensavo, perché avevo sempre paura di inimicarsi le persone.
Mi tenevo quindi tutto dentro, lasciavo correre, perché non volevo creare problemi, creare fastidio agli altri e assorbivo dentro di me tutto quello che accadeva fuori, pur di andare avanti e di risolvere delle situazioni.
Però in realtà stavo solamente spostando il problema dall’esterno al’interno e questo spostamento non faceva altro che aumentare la mia rabbia, nei confronti di me stesso e degli altri.
Rispettare se stessi vuol dire essere assertivi, cioè sapere esattamente che cosa si vuole e che cosa non si vuole, dichiararlo apertamente a se stessi, dichiararlo apertamente agli altri.
Questo permette di conoscersi sempre di più, ma soprattutto di farsi conoscere dagli altri, perché verbalizzare un desiderio, comunicarlo e renderlo concreto ci permette di dargli forma e di conoscerla.
Utilizzare l’assertività come modello nelle relazioni personali porta a una maggiore sicurezza di sé, perché si affrontano apertamente questioni che possono essere ritenute “scomode” nei rapporti.
Bisogna essere pronti al conflitto o all’abbandono, ma è l’unico modo per far emergere i rapporti sani e veri da quelli invece di superficie.
Gli altri iniziano a rispettare e ad accettare quello che dico
Quando c’è conoscenza c’è anche rispetto.
Infatti rispetto deriva dal latino “guardare indietro”, quindi fermarsi per guardarsi e riconoscersi, poiché solo tramite la conoscenza di se stessi e degli altri può esserci rispetto.
Questo è molto bello e si riescono a vivere delle situazioni interpersonali e delle relazioni molto più serene.
Conclusione
Il rispetto per se stessi quindi è una parte fondamentale ed importante della nostra vita, è alla base di tutto.
Però è una parte che deve patire dal nostro interno e solo dopo si può lavorare esternamente.
Se vuoi approfondire il tema del rispetto ti consiglio di leggere questo articolo di Annamaria Testa: Il rispetto è la cosa più importante
In conclusione, mi piacerebbe tantissimo sapere la tua opinione, quindi ti invito a lasciare un commento qua sotto l’articolo per sapere cosa ne pensi e quale è la tua esperienza.
Il complimento più grande che mi è mai stato fatto fu quando uno mi chiese cosa ne pensassi, ed attese la mia risposta.
Henry David Thoreau
Buon giorno 🙂
Anche io mi rispecchio con i tuoi stessi “sintomi”. Poi ho incontrato un uomo Splendido che mi ha aiutata a cambiare… bisogna fare le cose non x obbligo ma col cuore e soprattutto non farsi mai condizionare dagli altri…il rispetto x se stessi e gli altri è importante fa capire chi sono gli Amici Veri…
Buona giornata Carmen.
Ciao Dario, è proprio vero, quante volte abbiamo provato sofferenza e angoscia per la paura di non valere agli occhi degli altri, di essere considerati in modo negativo o mai abbastanza, preoccupandoci con estrema attenzione e fatica di non esprimere totalmente noi stessi? Ma la tanto grande quanto semplice verità è che la maggior parte delle volte “gli altri” non si occupano (o preoccupano!) poi così tanto di noi, di come siamo o di cosa facciamo. Anzi lo fanno raramente e magari non nella misura in cui noi crediamo. Non si tratta di fregarsene di tutto e tutti ma di prendere atto che forse, spesso, fatichiamo a dare il giusto peso e la giusta misura al rapporto con gli altri, e noi stessi? Sempre in secondo piano. Perché succede? Boh, il motivo è da scoprire credo in ognuno di noi, forse una ferita dell’autostima durante l’infanzia, un trauma non superato, mancanza di affetto, abbandoni, chissà! Ma quando riusciamo a prendere coscienza di questo, è vero, tanti rapporti forse smettono di esistere, ma la libertà di viversi quelli rimasti senza il peso di doverli costruire per forza, senza la paura del confronto, senza temere di dire un “no” ogni tanto, ma con la forza della vera reciproca conoscenza, è impagabile!! E soprattutto, non puoi più farne a meno! RispettAmiamoci 🙂
Ciao Selene, hai proprio ragione… RispettAmiamoci (che bella parola!). Quello che dici è verissimo: il sentirsi giudicati e la conseguente paura di esporsi per quello che si è veramente spesso tiene in piedi dei rapporti per forza e li fa vivere con tanta sofferenza. Vediamo pericoli e giudici dappertutto, ma alla fine, se riuscissimo davvero a guardare con obiettività, ci accorgeremmo che il più grande giudice è dentro di noi. Quando proviamo (e riusciamo) davvero a metterlo a tacere possiamo finalmente viverci i rapporti con più serenità. Il rischio di perdere qualcuno c’è, ma la ricompensa è poter vivere con profondità e Amore quelli che rimangono… e come dici tu è impagabile! <3
Un bellissimo articolo Dario! Personalmente ho trovato molto interessante la questione dell’assertività, penso sempre più che sia fondamentale. Un abbraccio
Ciao Lucrezia, grazie mille! Anche io credo che l’assertività sia una questione fondamentale, perché il saper comunicare onestamente, apertamente e direttamente ciò che si pensa e si prova è alla basa di qualsiasi sana relazione. Purtroppo a volte la paura di offendere o di far rimanere male gli altri ci blocca, ma con un po’ di allenamento quotidiano si capisce che è la strada giusta e si riesce a farlo diventare un atteggiamento spontaneo e naturale… o almeno io ci sto provando 🙂
Nel pomeriggio di oggi ho provato due strane sensazioni contrapposte: da un lato il bisogno di fermarmi, dall’altro una forte sensazione di colpa per essermi fermato! Ho sentito “addirittura” il bisogno di comunicare queste sensazioni. ‘Addirittura’ non a caso tra virgolette! Ma come? Io? Mi fermo e voglio ADDIRITTURA parlarne? Chi mi conosce bene resterebbe di stucco!! Ed effettivamente ne ho parlato, o più esattamente, ho scritto un messaggio all’unica persona che poteva comprendere bene le sensazioni che provavo e soprattutto ho scritto a chi in realtà mi conosce pochissimo, ma veramente poco poco, ed ero sicuro che il suo primo pensiero non sarebbe stato: “ma stai bene?”. Il mio messaggio ha avuto un riscontro di comprensione e positività che mi ha dato serenità. Ho continuato a pensare. Prima di coricarmi vengo qui sul sito e leggo l’articolo di Dario: la parte razionale e la parte emotiva! Cosa si deve fare e cosa voglio fare! Oggi io mi sono fermato, piccola pausa, alt! Si è vero, un po di ansia….ma ho sentito odori nuovi in posti in cui ci sono da anni e non avevo mai sentito. Conclusione? Non lo so, ma io continuo ad osservarmi. Buona serata a tutti e scusate se vi ho annoiato. Andrea
Ciao Andrea, non ci hai annoiati assolutamente, anzi grazie per la tua condivisione! Hai toccato un punto molto delicato, quello del senso di colpa, che purtroppo muove la maggior parte delle nostre azioni quotidiane. Il fatto di averlo riconosciuto e cercato di mettere a tacere secondo me è un ottimo punto di partenza. Anche il comunicarlo è stata un’ottima mossa, perché l’hai reso reale, l’hai affrontato in prima persona e trovare parole di conforto ti avrà aiutato sicuramente a viverlo con più serenità. Grazie ancora per le tue parole e in bocca al lupo per il tuo percorso di osservazione!